martedì 6 ottobre 2009

Logica mente, se usata con malizia

Leggi l’articolo di Vittorio Macioce sul Giornale, “Rai, se i censori ora censurano Minzolini” e per un attimo, così fuori contesto, sembra persino plausibile, sensato. Tira in ballo la logica e il caro Bertrand Russell per palesare un’evidente contraddizione. E già, sostiene l’arguto commentatore, i paladini della libertà di stampa e d’espressione, pronti a mobilitarsi per far andare in onda Santoro, pretendono invece di zittire Minzolini, per il solo fatto che non la pensa come loro. Ammirevole integrità, bella coerenza!

Provi a resistere all’attacco, a fare qualche distinguo, chessò formale - una cosa è il telegiornale e altra l’approfondimento – e subito reagiscono.

Vuoi forse dire che il tg deve essere “imparziale” mentre gli altri hanno diritto ad avere un’opinione? Ma è un falso mito l’imparzialità, ognuno occupa un posticino nel mondo, da lì guarda le cose e le racconta.

Rilanci. E l’istituzionalità?

Beh, non è la prima volta che il direttore del tg1 fa un suo editoriale, uno strumento con cui non racconta un fatto, dice come la pensa.

Dai uno sguardo su youtube, trovi qualche precedente - le dimissioni di Riotta, quelle di Lerner, ancora Gad che agita un foglietto, denunciando pressioni per qualche assunzione, uno molto cliccato della Busi (che direttore non era) sul caso di Maria, la bimba bielorussa – insomma commenti sulla propria esperienza professionale o su notizie che colpiscono l’opinione pubblica, nessun parere personale direttamente legato alla vita politica del paese.

Quindi, diciamo, è irrituale, ma non vorrai pretendere di fissare una volta per tutte l’elenco degli argomenti discutibili in un telegiornale?

Arranchi. E il pluralismo?

Sì, in effetti la situazione dell’informazione in Italia è alquanto anomala, il capo del governo possiede il più importante network televisivo del paese, è un editore, ha più di un giornale e per di più controlla il servizio pubblico, ma Minzolini non è il garante. Non è mica colpa sua l’attuale assetto e che può farci se è d’accordo con la maggioranza?

In ogni caso, è quanto meno, inopportuno. Conosce il quadro e alza volutamente il tiro. E come la mettiamo con la collegialità? La redazione del suo tg non sapeva di questa presa di posizione e tanto meno la condivideva.

Indelicato, si può esser d’accordo, ma parlava a titolo personale e comunque gli altri redattori hanno potuto fare un comunicato per dissentire, no?

Spazientita ricominci daccapo, rileggi l’articolo, ripensi a cosa hai fatto.
Ecco il busillis, qui si confonde critica e censura! Perché è chiaro che essere a favore della libertà d’espressione non ti impegna affatto ad essere d’accordo con gli altri, fossero anche la maggioranza, in ogni singola discussione di merito. Ti riservi il diritto alla critica, proprio quello che hai esercitato, producendo anche qualche discreta ragione per contestare la scelta di Minzolini.
La censura è un altro mestiere. Innanzitutto devi sapere prima cosa ha intenzione di dire il tuo avversario (così, per ipotesi, un giornalista che ti è sgradito). Poi devi essere abbastanza potente, devi avere i mezzi per tentar d’impedire che esprima il suo parere, magari facendo pressioni sul suo capo, mettendo in forse i contratti dei suoi collaboratori. Oppure, con un po’ di anticipo, puoi montare una campagna contro di lui dalle colonne dei tuoi giornali, dalle scrivanie di direttori compiacenti, screditando in partenza il suo punto di vista in modo che sembri legittima la sua eventuale defenestrazione, una richiesta popolare. O magari puoi fare entrambe le cose.

Tiri un sospiro di sollievo. La logica funziona, ma qui c’è il trucco.



p.s.: grazie a Michele per aver alimentato la discussione e a Rony (che non conosco) per la soluzione del rebus.

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