venerdì 9 settembre 2011
Se DSK non va in pensione ora, quando?
DSK è stato prosciolto dalle accuse perché pare sia impossibile stabilire se sia trattato di stupro o di una relazione consensuale. Due versioni contrastanti, un solo elemento certo, le tracce seminali che testimoniano il rapporto sessuale. Fin qui poco da aggiungere. Lo capisco anch’io, da femminista e da garantista (e le due cose, vi assicuro, non sono inconciliabili) che in mancanza di testimonianze e prove oggettive a suffragio dell’ipotesi di reato, le cose non potevano - né avrebbero dovuto – andare altrimenti. A margine resterebbe soltanto l’amara considerazione che per crimini del genere nella maggior parte dei casi va proprio così: non c’è altra traccia al di fuori delle parole della vittima, se e quando trova il coraggio di pronunciarle.
Tuttavia le motivazioni con cui viene archiviato il caso non si limitano a constatazioni di questo tipo, si direbbe lapalissiane: lo stallo investigativo appena descritto, le sue conseguenze sul piano giudiziario. Non è la fretta che disturba, la mancanza di un processo, e comunque non sta a me dirlo, non sono così esperta del sistema giuridico americano per poter giudicare. È il peso giocato dalla ricostruzione puntigliosa del ‘profilo indiziario’ della vittima che irrita davvero. Della vittima, e non dell’imputato, si cercano e denunciano le incogruità nel racconto, i comportamenti ambigui, le frequentazioni losche. Non solo, si passa al setaccio il suo passato con l’assurda pretesa che sia decisivo per appurare la credibilità del suo resoconto sul fatto circoscritto.
Se il di che fu mentì all’ufficio immigrazione, allora non può dire il vero adesso.
Un’argomentazione del genere solleva più di ‘un ragionevole dubbio’ se svolta, come ci si potrebbe aspettare, al contrario sul ‘reo presunto’, un molestatore seriale, che ha tentato la fuga e reso falsa testimonianza all’inizio. Ha pertanto dell’incredibile il fatto che venga applicata alla ‘presunta vittima’ e a lei soltanto.
Ma perché la procura non dichiara semplicemente la resa dinanzi all’impossibilità di verificare coi propri mezzi come si siano svolti i fatti, perché si sforza di suggerire un finale che metta in cattiva luce la parte offesa? Per offrire un risarcimento mediatico al danno d’immagine subìto da quel pòpò di imputato, la cui reputazione si suppone cresca tanto più s’affossa quella della controparte, l’avida cameriera.
Il tentativo di riabilitare DSK si è messo in moto anche altrove. Il suo nome torna a circolare negli ambienti che contano, in Francia e all’estero, a destra e a sinistra. C’è persino chi ha pensato di riproporlo come candidato del Ps all’Eliseo, se non fosse per quelle guastafeste delle femministe e per i sondaggi, probabile monopolio delle medesime bacchettone.
Non credo che a questi signori sia chiaro il quadro, che comprendano le ragioni di un disappunto popolare - femminile e non solo - che goffamente tentano di minimizzare, storpiandolo, confondendolo con pruderie e oscurantismo. Non è in corso un irrigidimento dei costumi, non ve n’è alcun segno, né le donne, in primo luogo quelle che si dichiarano femministe, hanno tutt’a un tratto perso di vista la distinzione tra pubblico e privato. Non le sconvolge che il ministro o il banchiere abbiano l’amante, la loro vita del resto contempla queste ed altre esperienze. Sono curiose, impegnate, diverse e avvezze alla diversità. Hanno un solo difetto: tendono a non considerare l’uso e l’abuso di persone a fini sessuali, specie quando si intreccia con l’abuso di potere, una faccenda privata.
Ovvio che non vedano di buon occhio i marpioni vecchia scuola come DSK, abituati a fottere e comandare come fosse la stessa cosa.
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