«Noi siamo messi così come uomini: tu, io poi Carlo Rossella, presidente di Medusa, e Fabrizio Del Noce, direttore di Raiuno e responsabile di tutta la fiction Rai... Sono persone che possono far lavorare chi vogliono... Ecco quindi le ragazze hanno l'idea di essere di fronte a uomini che possono decidere del loro destino... Ecco l'unico ragazzo sei tu, gli altri sono dei vecchietti però hanno molto potere.»
Ohhhh, finalmente si può dire quel che da mesi le femministe vanno ripetendo.
Non è il risentimento guardone di qualche racchia insoddisfatta a esserselo inventato. Disporre di “patonze” come beni di conforto garantiti dal proprio status è una questione di potere. Lo sanno pure i finti ingenui, gli ignari “utilizzatori finali”, che in privato non si raccontano storie sul segreto del loro successo da serial lover.
E allora per una volta non discutiamo di chi “accetta il compromesso”, di quanto è turpe, scandaloso, o libero e autodeterminato. Parliamo di chi lo propone, di come ragiona, come è fatto chi fa simili richieste.
L’arzillo ometto che ha disponibilità e conoscenze che gli consentono di offrire soldi, raccomandazioni, carriere in cambio di prestazioni sessuali (o di stroncarle in caso di rifiuto), sa cosa vuole – carne fresca, valida - e sa pure che con ogni probabilità quella non lo ricambia affatto. La cosa non lo preoccupa minimamente.
Perché c’è un’altra cosa che sa chi comanda: come mettere a tacere resistenze che in un contesto normale (libero, paritario?) sarebbero inaggirabili. In che modo? Formulando proposte che non si possono rifiutare, mettendo l’altro nella condizione di non poter dire no.
Mi si dirà che drammatizzo, esagero, che nessuna di queste signorine è materialmente costretta a sedere a quel tavolo. Va bene, concedo, si può essere d’accordo, vendono “liberamente” il proprio corpo. Per quanto, a me sembra, lo spazio di manovra di ‘sta presunta libertà di scelta si restringa parecchio quando in ballo c’è il futuro, la svolta di una vita e non quattro spiccioli. È facile difendere la propria integrità, finchè nessuno si mette lì, a quantificarne il prezzo.
E se succede che fai? Ti alzi, te ne vai, taci pietrificata dall’imbarazzo, o ascolti attentamente valutando l’offerta? Non lo so.
Io so solo che in quella situazione preferirei non stare, e che altri intorno a me non mi ci mettessero. Non mi chiedo in prima istanza quanto siano libere loro, le teenager rampanti che invece fanno la fila. Mi domando piuttosto se sia libero lui, il potente di turno, di fare scherzi del genere alla psiche altrui. Se la sua condizione lo autorizzi a condurre esperimenti faustiani su cavie invitanti e forse un po’ sciocchine, ma pur sempre umane, e se è questa la prerogativa che gli stiamo riconoscendo.
E qui le domande si intrecciano con la questione femminile. Lo fanno, per certi versi, loro malgrado, perché per come la vedo io, che sono donna sì, ma in primo luogo essere umano, il problema è trasversale e la risposta la stessa.
No, non è nella natura delle cose che a chi ha potere sia concesso il benefit della propria soddisfazione sessuale, l’acquisto e il consumo di persone preposte all’incarico. Non fa differenza che sia un uomo o una donna ad avanzare la pretesa, non lo giustifico manco se si trattasse di me. Come potrei esercitare sugli altri pressioni che non voglio ricevere, e chi se ne frega se c’è chi le accetta? Non cambiamo argomento. Qui si discute se è nel giusto chi le fa.
Per decidere cose del genere io di solito parto da me, dalle mie esperienze, un pizzico di inventiva e una sola regola, semplice semplice e vecchia come il cucco. Gli esperti la chiamano “golden rule”, forse perché da un paio di millenni non è saltato fuori niente di meglio per scegliere in merito a cosa è giusto o sbagliato.
Una cosuccia di banale buon senso, meno pacifica del previsto quando dalla teoria veniamo al caso concreto. Qui pare che l’abuso di potere non esista, tanto meno se di natura psicologica e morale, come in questo caso che a me sembra prototipico. E così ora che dalla debole farsa delle “cene eleganti e conviviali” siamo passati alla versione più à la page dei “rapporti tra adulti consenzienti”, quel che si vuol far credere è che si tratti di “relazioni tra pari”.
Ma che bisogno c’è di suggerire a un tuo “pari” che hai in mano il suo “destino” se vuoi che faccia la sua scelta?
O vuoi impedirglielo? E in questo desiderio di prevaricazione non c’è niente di male?
La legittimazione alla prepotenza erotica dell’uomo di potere sfrutta la resistenza diffusa, più spesso maschile, comunque maschilista, a mettere a fuoco il punto.
Credo dipenda da un difetto di immaginazione, sta di fatto che molti non riescono a vedersi nei panni delle gyals. A “quelle” gli conviene e questo è quanto. Nessuno prende sul serio l’ipotesi che potrebbe capitare anche a lui di essere messo alle strette da simili aut aut.
Eppure in giro è pieno di aspiranti tronisti e di Lele Mora.
E se l’assalto all’autonomia del desiderio maschile ed eterosessuale divenisse la regola, se il corpo degli uomini fosse presidiato in ogni contesto da avances sempre più incalzanti e spregiudicate, soprattutto ritenute normali?
“Me lo cedi per il mio sollazzo? Ti finanzio il progetto. Ti faccio direttore, primario, consigliere” e su, risalendo la trama di interessi e opportunità via via più vaste.
Come reagirebbe l’homo eroticus berlusconiano trovandosi non più al governo, ma a servizio delle fantasie erotiche di nuovi potenti, che non coincidono e, francamente, se ne infischiano delle sue? Terrebbe fede al suo libertinismo anche a parti invertite, o messo di fronte all’alternitiva secca – dire di sì anche se non gli va o dare un calcio alla fortuna - lo ritroveremmo a questionare che non è giusto, la trattativa non è equa, che chi la propone lo sa e ne approfitta?
Perché a volte basta invertire le posizioni per riscoprire il fascino di quel vecchio arnese, il ragionamento morale…
sabato 24 settembre 2011
Proposte indecenti e abuso di potere
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