lunedì 19 settembre 2011

Il Michele Innamorato.



Santoro è tornato con un nuovo progetto, ambizioso - una trasmissione web finanziata dagli utenti – e tanti saluti alla tv generalista (Rai o La7 che sia) e alle sue beghe.
Contenta son contenta, per carità, e i 10 euro che chiede a sostegno dell’iniziativa glieli do volentieri.
Mi dispiace un po’ che non potrà seguirlo mia madre, che ha paura ad accendere il computer, sai mai, esploda. Mi dispiace per i telespettatori come lei, che un palinsesto migliore se lo meriterebbero tutto, ma, come si dice in questi casi, meglio piuttosto, piuttosto che niente. Almeno lo vedrò io e la ‘nicchia’ degli internauti.

Giusto il tempo di rallegrarmi per la notizia, che trapela il primo dettaglio a smorzare i miei entusiasmi.
Il programma si chiamerà Comizi d’amore.
Comizi d’amore? E perché? Non mi accorgo forse che è una citazione pasoliniana?
Certo che sì, ma non capisco cosa c’entri. I comizi di Pasolini trattavano d’amore davvero, in tempi in cui d’amore non si poteva parlare, fuorchè nella lingua morta di un’ufficialità ipocrita, maschilista, bigotta. Allora era sì necessario, e liberatorio, rivoluzionario, rendere noti fatterelli comuni – le esperienze erotiche al di fuori del matrimonio, la varietà del desiderio sessuale – ma innominabili, confinati in case per definizione chiuse, praticabili solo a patto di un omertoso silenzio al riguardo. Il pubblico decoro imbavagliava la discussione pubblica su questioni che dovevano restare private, cioè a dire mute, invisibili. Oggi è vero semmai il contrario, in pubblico non si chiacchiera d’altro, in un processo di erotizzazione onnivoro che coinvolge tutto - il mercato, la comunicazione e i media, la politica – spazzando via, almeno a parole, freni inibitori e distinzioni obsolete.

Ma tornando ai Comizi d’amore di Santoro, perché dunque dovrebbe chiamarsi così un programma che si suppone non si occupi dell’argomento, ma di politica in senso proprio, di amministrazione e governo del bene comune, di gestione del potere?
Ho il sospetto che il richiamo pasoliniano acquisti senso solo se riferito ad un’altra, più nota, creatura stramba e incoerente, il Partito dell’amore, citazione letteraria a sua volta, più o meno consapevole, ed esempio compiuto di unione coatta tra cose che non stanno insieme in un paese normale. Senza l’ircocervo che sintetizza l’ésprit politico berlusconiano, la scelta di intestare all’amore un programma di informazione e approfondimento resterebbe misteriosa.
Tuttavia anche spiegata così, in chiave ironica, a me pare discutibile. Punzecchiare l’artefice di quella straordinaria confusione di piani e registri che ci è sotto gli occhi, perpetuando la stessa confusione è un’arma a doppio taglio che espone a molti rischi.
In primo luogo la conferma indiretta di un teorema tipicamente berlusconiano – che il discorso pubblico debba e di fatto faccia appello più ai sentimenti e alle emozioni della gente che a ragionamenti condivisi, non soltanto la politica, come concepita dal premier e realizzata nel suo partito-azienda-famiglia-clan, ma anche l’informazione che, si direbbe, quando funziona al meglio, lo fa ricorrendo agli stessi meccanismi.
Quindi del suo corollario – che Santoro è l’unico ad aver tenuto testa a Berlusconi dal punto di vista mediatico, ergo ne è l’avversario politico. In una battaglia a suon di stimoli-base e colpi ad effetto non ha senso chiedersi chi fa cosa e perché, a che scopo, con quale funzione. Contano solo le reazioni istintive: sei con me o contro?
Se si accetta sia pur con intento provocatorio la retorica dei sentimenti a sproposito e fuori contesto, il terreno di proliferazione naturale del berlusconismo, si finisce col far annegare nella stessa melassa i distinguo sulla propria diversità, umana e professionale. Quel che accade con Comizi d’amore, un titolo sornione, ammiccante e un po’ ruffiano, di cui francamente non si sentiva il bisogno.

p.s.: Ci potevano essere soluzioni meno scontate e opinabili per individuare un nome che suggerisse, tenendoli assieme, una serie di elementi rilevanti per la trasmissione - la novità rappresentata dal progetto in sé, quella più vasta connessa allo scenario politico che va disegnandosi, l’apertura di giudizio al riguardo e il riferimento cifrato all’oscuro retroterra orwelliano da cui veniamo… La butto lì, che ne dite di Il mondo nuovo?

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