venerdì 11 dicembre 2009

L'Europa che non c'è

Dopo gli improrogabili impegni di politica estera, che lo hanno portato ai 4 angoli di mondo, dall’Arabia Saudita alla Bielorussia di Lukashenko, e ne hanno legittimamente (?) impedito la presenza in aula, in quei tribunali che lo attendono da tempo ma in cui non ha nessuna intenzione di comparire, Berlusconi sferra l’ennesimo attacco agli organi di garanzia e controllo del nostro povero ordinamento democratico dinanzi ad una platea internazionale, il congresso del partito popolare europeo in corso a Bonn.

Poche le novità per noi italiani, che in 15 anni ci siamo più che abituati alle litanie sui giudici comunisti, l’uso strumentale e politicizzato dei processi, l’avvelenamento culturale e mediatico di cui è responsabile certa sotto-cultura di sinistra, a cui piace enfatizzare inesistenti legami tra mafia e politica, da ultimo attraverso inutili fiction come “La Piovra”, i cui autori andrebbero “strozzati” per il clima di sospetto e le falsità che hanno messo in circolazione. Tutti argomenti, peraltro, non nuovi, già avanzati da illustri predecessori quali Totò Riina e Michele Greco, che pure si scagliava contro i “filmi” come “Il Padrino”, vera fonte di corruzione e di ogni male. Quel che si può dire è che ancora una volta Berlusconi non mente, non si nasconde né si sottrae. Non vuole andare a processo, ritiene che il consenso di cui gode lo esoneri da questi fastidi, è pronto a cambiare la costituzione, anche da solo se necessario, e sa che la sua maggioranza, per quanto lacerata, saprà scendere a patti. Fini non lo impensierisce, anche questo è chiaro. Il botta e risposta di queste ore lo conferma. A Gianfranco Berlusconi fa sapere che non deve chiarire un bel niente: è stanco, furioso, scatenato, non sente ragioni ed è pronto a tutto.
Che la situazione sia delicata e pericolosa, come mai prima d’ora, è evidente. I nodi stanno venendo al pettine, impossibile derogare ancora il faccia a faccia con i giudici, schivato fin qui con strumenti ad hoc non più sufficienti.

E qui entra in ballo l’Europa.
Il vero e proprio coup de theatre del nostro istrione, l’unica novità rilevante delle ultime dichiarazioni, trite e ritrite nei contenuti, è il contesto internazionale in cui sono state proferite. Il che suona, ancora una volta, come un sinistro avvertimento sulla serietà delle intenzioni che le animano. Le reazioni a caldo? Sorrisi imbarazzati, risate per l’uso di espressioni un po’ forti, che hanno creato qualche problemino agli interpreti, applausi divertiti, un “no comment” della Merkel, una difesa d’ufficio del presidente del Ppe Martens, incardinata proprio sull’argomento della maggioranza e del consenso di cui gode Berlusconi.
In poche parole la solita reazione timida e deludente, che sembra condannare la politica europea ad una navigazione in acque basse, stagnanti, in cui conta più l’aderenza ad etichette di maniera che l’elaborazione di norme e principi comuni. L’Unione Europea è un organismo internazionale che non decolla, impantanato in questioni di mera ragioneria, che nessuno, in realtà, vuole far decollare. È possibile che la politica estera di un singolo stato, come l’Italia, sia così svincolata dagli orientamenti comunitari? È possibile che Berlusconi dichiari in Arabia Saudita che la vita parlamentare è faticosa, spossante, talvolta inutile, che lodi un leader come Lukashenko per il consenso popolare che ha saputo meritare, senza che questo provochi alcun pronunciamento a livello europeo? Ed è infine possibile fare discorsi come quello di ieri, infangare i principi e le istituzioni di uno stato di diritto (di qualsiasi stato di diritto), minacciare soluzioni estreme non previste dagli ordinamenti costituzionali, personalizzare un dibattito che avrebbe dovuto essere istituzionale ed internazionale al tempo stesso, senza che questo provochi una reazione un po’ meno ambigua e reticente delle risatine e dei no comment?
Il tempo è passato, l’Unione europea ha organi ufficiali, sedi, protocolli, ma è ancora un ircocervo, un animale strano, che non si sa bene come viva e a cosa serva. Ogni tanto qualcuno, che so un giornale, l’Economist, si scandalizza per la situazione italiana e prende le distanze, ma a livello istituzionale tutto tace. Viene il sospetto che, in fondo in fondo, Berlusconi piaccia anche all’estero, proprio come a Churchill Mussolini stette a lungo simpatico.

3 commenti:

  1. Come al solito faccio l'avvocato del diavolo. Supponi che i partner europei avessero risposto dicendo quello che pensano. E' lecito dubitare che l'impatto sulla politica italiana sarebbe stato positivo. Come la sentenza della corte europea dei diritti dell'uomo, avrebbe contribuito ad alimentare l'idea di molti italiani sull'ostilità dell'Unione Europea rispetto al nostro paese. (Non bisogna dimenticare che molte persone, forse la maggioranza, ha sentimenti di orgoglio nazionale). Quindi i partner europei hanno scelto la linea della prudenza, è piuttosto comprensibile.
    Un'altra cosa. E' interessante che nessuno faccia più notare che Berlusconi ha a suo favore la maggioranza relativa, che è cosa assai diversa dalla maggioranza assoluta. Per di più la maggioranza relativa dei votanti, che si traduce in una percentuale inferiore di consenso nel paese. Continua a citare sondaggi che gli danno consensi personali a livello plebiscitario, ma ho qualche dubbio sulla loro veridicità.

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  2. sono d'accordo pressocché su tutto, non avrebbero potuto esporsi, stando così le cose. ma, appunto, le cose devono star così per forza? non sarebbe ora di creare quell'unità politica, di cui si parla da anni, e che includerebbe, ad esempio orientamenti comunitari (e cogenti) sui rapporti con l'estero etc.?

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  3. i partner europei non hanno scelto (tutti) la linea della prudenza. quanto meno martens ha tentato una difesa delle esternazioni di berl appellandosi proprio al consenso di cui gode. il che ti dà ancora una volta ragione su quanto sia passato l'argomento della maggioranza (senza alcuna distinzione)anche all'interno delle classi dirigenti europee (che saranno pur sempre meglio delle nostre, ma non sono messe benissimo). supponi invece che i partners europei avessero commentato in questa maniera: "non è nostra consuetudine entrare nel vivo del dibattito politico interno ad un singolo stato membro. in ogni caso gli organismi di garanzia e controllo sono un bene comune. la loro esistenza e la loro autonomia non è oggetto di discussione per ogni forza politica che vuole definirsi democratica." formale e prudente, ma di certo meno "neutro"...

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